Il reato di violenza sessuale può configurarsi anche tra marito e moglie. Con la sentenza numero 48335/2017 del 20 ottobre, la Corte di cassazione ha condannato un uomo, colpevole di aver compiuto atti sessuali sulla moglie addormentata nonostante fosse consapevole che la stessa non era intenzionata ad avere rapporti intimi.
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 609-bis cod. pen. è sufficiente “qualsiasi forma di costringimento psico-fisico idoneo ad incidere sull’altrui libertà di autodeterminazione”, mentre a nulla rileva né la circostanza che reo e vittima siano coniugati né che la vittima non si opponga palesemente ai rapporti sessuali. Deve però sussistere la prova che l’agente sia consapevole di un rifiuto implicito della donna al compimento di atti sessuali. Per poter valutare l’idoneità della violenza o della minaccia a coartare la volontà della vittima, del resto, occorre tener conto di ogni circostanza oggettiva e soggettiva del caso concreto, guardandosi dall’avvalersi di meri criteri astratti aprioristici.
Nel caso di specie, era stato accertato che, in un’occasione, la donna aveva dissentito in maniera incontestabile al rapporto sessuale, mentre, in un’altra occasione, il rifiuto, seppur implicito, poteva essere agevolmente ricavato dalle lettere inviate dal suo legale al marito.