Registrare una conversazione tra presenti e all’insaputa di questi o una telefonata con un’altra persona ignara di essere registrata, è legale. Secondo la Cassazione la registrazione non fa che fissare, su una memoria elettronica, ciò che già fa parte del nostro patrimonio sensoriale, essendo stato captato dal nostro udito e immagazzinato nella nostra memoria. La registrazione di una chiamata su un file audio o video altro non è altro che una ripetizione di ciò che la nostra stessa memoria ha già compiuto: l’immagazzinamento di un fatto storico a cui abbiamo partecipato direttamente. Vietare la registrazione sarebbe quindi come obbligare qualcuno a dimenticarsi una conversazione. La registrazione fonografica di una conversazione o di una comunicazione a opera di uno degli interlocutori non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo. A tal fine nulla rilevando che sia stata la polizia giudiziaria a fornire al privato, che provvede alla registrazione, lo strumento per la registrazione. (Cass. sent. n. 18908/2011)
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