Il ripristino della quota di comunione indebitamente spesa è obbligatorio salvo dimostrare che la spesa effettuata con il denaro prelevato è andata a vantaggio della comunione o abbia soddisfatto una necessità della famiglia.
Poiché – nei rapporti con i terzi – ciascun coniuge può disporre dei beni mobili della comunione senza bisogno di alcun preventivo consenso dell’altro, egli però, se ha agito senza la preventiva autorizzazione dell’altro, deve ricostituire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell’atto o, nel caso ciò non sia possibile, pagare l’equivalente secondo i valori dell’epoca della ricostituzione della comunione, restando l’atto compiuto senza consenso dell’altro coniuge, pienamente valido ed efficace.
Lo ribadisce la Cassazione, sent. n. 6459/19 del 6.03.2019