Proposta di legge per cambiare l’art. 5 sull’assegno di divorzio alla luce dei nuovi principio di diritto della Cassazione

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La sentenza 11504 della Corte di Cassazione ha rivoluzionato i criteri per l’attribuzione dell’assegno divorzile. Sono seguite altre decisioni della Suprema Corte in senso analogo e i Tribunali, in linea di massima, si sono adeguati al nuovo orientamento.

Il principio secondo cui il diritto all’assegno di divorzio va parametrato all’indipendenza economica del richiedente, mentre solo una volta accertato il fondamento di tale diritto, si quantificherà l’importo dell’assegno tenendo conto del tenore di vita e degli altri criteri dettati dall’art. 5 della legge sul divorzio, è in contrasto, appunto con quest’ultima legge, che espressamente dispone diversamente, ossia che il criterio per individuare il diritto all’assegno va ravvisato nell’indisponibilità del richiedente di mezzi che gli consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello matrimoniale.

Ecco perchè è stata presentata in Parlamento una proposta di legge (n. 4605/2017) che modifica la l’art. 5 l. 898/1970 in senso conforme ai nuovi principi enunciati dalla Corte di Cassazione.

La proposta prevede di sostituire il sesto comma dell’art. 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, con nuove disposizioni che si applicherebbero anche alle unioni civili.

In sostanza, con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio (o con il provvedimento che scioglie l’unione civile), il Tribunale potrà disporre l’attribuzione di un assegno a favore di un coniuge, destinato a compensare, per quanto possibile, la disparità che lo scioglimento o la cessazione degli effetti del matrimonio crea nelle condizioni di vita dei coniugi.

Nella determinazione dell’assegno, inoltre, il Tribunale dovrebbe preventivamente tener conto di una serie di circostanze, ovverosia: le condizioni economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi a seguito della fine del matrimonio; le ragioni dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio; la durata del matrimonio; il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune; il reddito di entrambi; l’impegno di cura personale di figli comuni minori o disabili, assunto dall’uno o dall’altro coniuge; la ridotta capacità reddituale dovuta a ragioni oggettive; la mancanza di un’adeguata formazione professionale quale conseguenza dell’adempimento di doveri coniugali.
Tenuto conto di tali circostanze, prosegue la proposta, il Tribunale potrà predeterminare la durata dell’assegno nei casi in cui la ridotta capacità reddituale del richiedente sia dovuta a ragioni contingenti o comunque superabili. L’assegno non sarà dovuto, invece, nel caso in cui il matrimonio sia cessato o sciolto per violazione, da parte del richiedente l’assegno, degli obblighi coniugali.

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