Gli anni di convivenza more uxorio possono essere calcolati al fine della determinazione della quota di reversibilità: è stato quindi riconosciuto anche il periodo di convivenza more uxorio del coniuge superstite, sulla base delle “finalità solidaristiche che presiedono al trattamento di reversibilità”.
Secondo il Tribunale di Milano, “per durata del rapporto deve intendersi, in primo luogo, la durata legale del matrimonio comprensivo del periodo di separazione legale essendo la separazione personale una semplice fase del rapporto coniugale, ma tale criterio deve essere affiancato da ulteriori elementi correttivi in ottica di maggiore equità economica e sociale. Devono essere valutati, infatti, le condizioni economiche delle parti e l’ammontare dell’assegno goduto dal divorziato prima del decesso dell’ex coniuge alla luce delle finalità solidaristiche che presiedono al trattamento di reversibilità, corrisposto allo scopo di porre sia il coniuge superstite sia l’ex coniuge al riparo dell’eventualità di uno stato di bisogno che potrebbe derivare dalla scomparsa del coniuge/soggetto obbligato (cfr. Corte Costituzionale 2000/491; Cassazione 23379/04; 6272/04; 1057/02). Deve essere compresa tra gli elementi valutativi ulteriori anche la convivenza more uxorio eventualmente intercorsa tra il deceduto ed il coniuge superstite, pur non potendo essere assimilata al matrimonio, al fine di escludere gli eventuali riflessi negativi della durata del matrimonio sulla posizione del coniuge che rimane primo del contributo che in vita apportava il coniuge defunto (si vedano anche Cass. S.U. 159/98, Cass 18199/06, 4867/06, 6272/04)”.
tribunale di Milano, sentenza n. 58/2018 i