Convivenza: le migliorie apportate con il proprio denaro all’immobile dell’altro costituiscono un indebito arricchimento, e quindi vanno “pagate” da chi ne usufruisce

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Le migliorie apportate all’immobile di proprietà esclusiva del convivente, pur essendo fruite nell’arco della convivenza anche da chi le realizza, sono suscettibili di incrementare il patrimonio del convivente anche dopo l’eventuale cessazione del rapporto.

Con ordinanza 10 febbraio 2015  il Tribunale di Modena, il convivente, che durante la relazione sentimentale, impiega denaro proprio per apportare migliorie all’immobile di proprietà dell’altro,  incrementa il patrimonio di quest’ultimo e comporta quindi un ingiustificato arricchimento.  Qualora, infatti, tali prestazioni esulino dall’adempimento dei doveri di carattere morale e civile di solidarietà e reciproca assistenza che, avuto riguardo alle condizioni sociali e patrimoniali delle parti, devono presiedere alla famiglia di fatto, esse non sono qualificabili in termini di obbligazioni naturali.

Il proprietario dell’immobile è dunque tenuto a pagare all’ex convivente le somme da questa pagate per le migliore apportate all’immobile stesso, detratto un importo equitativamente determinato in ragione del periodo in cui la predetta ha potuto godere delle migliorie.

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