L’art. 570 codice penale individua tre distinte condotte criminose.
Il primo comma punisce chiunque abbandonando il domicilio domestico o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale si sottrae agli obblighi di assistenza.
Sussiste la condotta di abbandono del domicilio domestico quando il soggetto, dopo aver costituito il domicilio domestico, lo abbandona illegittimamente, sottraendosi agli obblighi derivanti dalla coabitazione nei confronti del coniuge o di coloro che sono soggetti alla sua potestà.
Il reato sarà integrato solo nel caso in cui l’abbandono abbia determinato la rottura dell’unione familiare e sia avvenuto in assenza di una giusta causa, laddove per giusta causa si intendono ragioni di carattere interpersonale tra i coniugi che non consentano la prosecuzione della vita in comune.
Affinchè invece sussista una condotta contraria all’ordine o alla morale non è sufficiente qualsiasi comportamento immorale, ma è necessario per la configurazione dell’azione criminale la violazione specifica degli obblighi assistenziali inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale e alla qualità di coniuge o convivente.
Il secondo comma dell’art. 570 c.p. al n. 1 punisce la malversazione e dilapidazione dei beni del figlio minorenne o del coniuge, ovvero la condotta di chi si appropria o distrae a proprio favore beni mobili o immobili e che tale condotta dolosa sia reiterata nel tempo, nonché la dilapidazione dei beni del figlio minore o del coniuge, che si concretizza nello sperperare, anche solo parzialmente, il patrimonio di cui si abbia l’amministrazione.
Infine, l’art. 570, comma due n. 2, nel punire la mancata prestazione dei mezzi di sussistenza, tutela una categoria più ristretta di soggetti, rispetto a quella tutelata in sede civilistica: il coniuge non legalmente superato per sua colpa, i discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro e gli ascendenti.
Per mezzi di sussistenza si intende ciò che è strettamente indispensabile all’esistenza, indipendentemente dalle condizioni sociali o di vita pregresse degli aventi diritto, come il vitto, l’abitazione, i canoni per le utenze indispensabili, i medicinali, le spese per l’istruzione dei figli e il vestiario.
La violazione si determina quando sono presenti: lo stato di bisogno, a prescindere dal fatto che alla sussistenza della prole abbia provveduto o possa provvedere l’altro coniuge, la concreta capacità economica dell’obbligato a fornire gli stessi e che l’omissione sia intenzionalmente preordinata a privare materialmente i soggetti destinatari dei mezzi di sussistenza primaria, creando in tal modo una condizione di disagio in relazione alle basilari esigenze della vita quotidiana.
Tuttavia il reato non è configurabile nei confronti di chi si trovi nell’incapacità patrimoniale di adempiere alle proprie obbligazioni assistenziali. Tale indigenza va rigorosamente provata dal momento che l’incapacità economica deve essere assoluta e integrare una situazione di persistente, oggettiva e incolpevole indisponibilità di introiti. A tal riguardo, l’allegazione dello stato di disoccupazione dell’obbligato non rappresenta necessariamente una scriminante, ma sarà necessario approfondire se tale stato sia attribuibile o meno ad una scelta volontaria del soggetto.
Elemento soggettivo del reato di cui all’articolo 570 c.p. è il dolo generico, ovvero la coscienza e la volontà di venire meno ai propri obblighi assistenziali.
Il termine per proporre querela decorre dal giorno in cui la persona offesa ha piena contezza del persistente inadempimento della persona obbligata, quale indice univoco, in assenza di cause di giustificazione, della violazione dell’obbligo di legge.
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