Nel giudizio per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il marito aveva chiesto di dichiararsi non dovuto l’assegno divorzile nei confronti della moglie, prima stabilito in euro 350,00 mensili, in sede di separazione.
La donna si opponeva e domandava invece la conferma dell’assegno. Il Tribunale disponeva un indagine sui patrimoni e redditi da parte della polizia tributaria.
La convenuta risultava dipendente presso una ditta di pulizie con uno stipendio mensile di circa 1.200 euro e il 50% della casa coniugale in comproprietà con il marito.
L’attore, socio accomandatario di un’autofficina, risultava avere diversi veicoli e motocicli a lui intestati e alcuni investimenti, e pertanto un reddito complessivo lordo annuo di euro 14.000 circa.
Con riguardo alla richiesta di assegno divorzile, il Tribunale fiorentino con la sentenza n. 2097/2017 dichiara di aderire al recente orientamento della Cassazione (sent. n. 11504/2017), e pertanto il giudice nella prima fase dell’an debeatur deve verificare i presupposti per il riconoscimento dell’assegno informandosi al principio dell’autoresponsabilità economica di ciascuno dei coniugi.
Alla seconda fase, quella del quantum debeatur, si può accedere solo se nella prima fase c’è riconoscimento del diritto all’assegno.
Nel caso di specie la convenuta non aveva fornito prova della mancanza di autosufficienza e comunque lo stipendio mensile era sufficiente per vivere una vita dignitosa.
In ragione della novità del principio di diritto applicato in materia di assegno divorzile, le spese di lite sono state compensate