L’assegnazione della casa familiare, rispondendo all’esigenza di conservare l’“habitat domestico”, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare, è consentita unicamente con riguardo a quell’immobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza.
Non può quindi essere assegnato l’immobile in cui il minore non ha mai vissuto
L’art. 337-sexies comma 1 c.c. indica quale criterio prioritario per l’assegnazione della casa coniugale l’interesse della prole (dopo la crisi matrimoniale) a continuare a vivere nell’ambiente in cui sono cresciuti e a mantenere le consuetudini di vita e delle relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate
Cass. civ., sez. VI, ord., 14 settembre 2021, 24728
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