Tra coniugi persiste il dovere di coabitazione, che viene meno solamente:
- quando ricorrano gravi motivi (es. una violenza ai danni di un coniuge o dei figli);
- quando è il giudice a disporre diversamente.
Al di fuori di queste due ipotesi, il coniuge che manda via da casa l’altro rischia di commettere reato di violenza privata, che sussiste a prescindere dal titolo di proprietà sulla casa, essendo questo il luogo ove si svolge la vita di comunione della coppia.
Il principio vale anche per i conviventi non coniugati.
Dal punto di vista civilistico, il coniuge cacciato da casa (ad esempio, cambio di serratura) può esperire l’azione di reintegrazione del possesso e farsi dal giudice riammettere nell’abitazione.
E’ tuttavia possibile mandare via da casa l’altro coniuge in alcuni casi:
- deposito del ricorso per la separazione o il divorzio;
- ricorrendo al giudice penale, ad esempio per chiedere l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge a tutela dei componenti della famiglia;
- in ipotesi di eccezionale gravità, cioè quando possono derivare conseguenze pregiudizievoli per un coniuge o la prole e occorre agire con urgenza (es. casi di maltrattamento, di percosse o di lesioni, che obbligano la donna a cacciare prima di casa il marito e poi a fare denuncia alle autorità).