Il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, secondo il precetto di cui all’art. 147 c.c., impone ai genitori, anche in caso di separazione (o di divorzio), di far fronte a una molteplicità di esigenze dei figli, certamente non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma inevitabilmente estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione – fin quando la loro età lo richieda – di una stabile organizzazione domestica, adeguata a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione. Il parametro di riferimento, ai fini della corretta determinazione del rispettivo concorso negli oneri finanziari, è costituito, secondo il disposto dell’art. 148 c.c. non solo dalle “rispettive sostanze”, ma anche dalla rispettiva capacità di lavoro, professionale o casalingo, di ciascun coniuge, con espressa valorizzazione, oltre che delle risorse economiche individuali, anche delle accertate potenzialità reddituali. Non può, quindi, porsi e risolversi una volta e per tutte, in astratto, quale sia la misura massima di quantificazione dell’assegno da corrispondere per il mantenimento dei figli, dovendo esso commisurarsi alle risorse e alle capacità reddituali dei genitori, nonché alle esigenze di vita menzionate, proporzionate all’ età del figlio non autosufficiente che ancora abbisogna dell’ausilio genitoriale.
Così Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 13 dicembre 2016 n. 25531