Commette reato di ingiuria la suocera che rivolge espressioni diffamatorie, offensive e volgari nei confronti della nuora in presenza dei figli di quest’ultima, anche se piccoli, poichè sono in grado di propagare il messaggio, riferendo le parole ascoltate anche non comprendendone appieno il significato. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione penale (sentenza 16108/2017), nel valutare il caso di una donna che il giudice aveva ritenuto colpevole per diffamazione poiché, comunicando con più persone, aveva offeso l’onore e il decoro della nuora, vedova di suo figlio. Secondo la Suprema Corte l’efficienza offensiva della condotta diffamatoria può essere ravvisata sotto un duplice profilo. Da un lato, non può né deve escludersi che i bambini di quell’età (due e quattro anni) possano essere in grado di recepire il messaggio e il disvalore insito nelle parole pronunciate dagli adulti in loro presenza, soprattutto ove si tratti, come nel caso di specie, di concetti elementari e parole volgari di uso comune.
Inoltre per l’art. 196 c.p.p. ogni persona ha la capacità di testimoniare, senza che la norma ponga alcun limite di età, nonostante sia tuttavia possibile disporre accertamenti allo scopo di verificare l’idoneità fisica e mentale a rendere testimonianza.
Ciò significa che per il legislatore non può esservi alcuna presunzione in ordine alla capacità o meno da parte di un soggetto di recepire gli accadimenti e di poterne riferire. Pertanto non è possibile stabilire apoditticamente se un bambino di due o quattro anni possegga tale capacità facendo solo riferimento all’età.
(www.StudioCataldi.it)