L’assegno di mantenimento può essere quantificato dal giudice in base al reale tenore di vita dell’obbligato, senza tenere conto dei redditi effettivamente dichiarati.
Così afferma la Cassazione con l’ordinanza n. 18196/2015, depositata il 16 settembre 2015, rigettando il ricorso del marito, secondo il quale il Giudice non aveva considerato il mutamento delle sue condizioni economiche come risultante dalle dichiarazioni dei redditi allegate, oltre agli oneri derivanti dalla costituzione, dopo la separazione, di un nuovo nucleo familiare.
Secondo la Corte d’Appello i redditi formalmente dichiarati non collidevano con l’effettivo alto tenore di vita dell’uomo: le risultanze reddituali non sono vincolanti per il Giudice, il quale può fondare il proprio convincimento su altre risultanze probatorie.
La Cassazione ricorda che le dichiarazione dei redditi, “in quanto svolgono una funzione tipicamente fiscale, non rivestono in una controversia relativa a rapporti estranei al sistema tributario, come quella concernente l’attribuzione o la quantificazione dell’assegno di mantenimento, valore vincolante per il Giudice della separazione personale tra i coniugi, il quale, nella sua valutazione discrezionale, ben può fondare il suo convincimento su altre risultanze probatorie, come nel caso in esame, il potere d’acquisto rilevante dimostrato dall’ex marito”.
Inoltre, l’obbligo di versare l’assegno all’ex coniuge non viene meno automaticamente nel caso in cui l’onerato abbia costituito una nova famiglia, poiché il Giudice deve verificare se si determina
un effettivo depauperamento delle sostanze in vista di una rinnovata valutazione comparativa della situazione delle parti, salvo che la complessiva situazione patrimoniale dell’obbligato sia di tale consistenza, come nel caso di specie, da rendere irrilevanti i nuovi oneri familiari.