Il temporaneo avvicinamento della vittima al persecutore non fa venir meno il reato di stalking

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Le dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. Nel reato di atti persecutori, il temporaneo ed episodico riavvicinamento della vittima al suo persecutore (consistente nel temporaneo sblocco su WhatsApp)  non interrompe l’abitualità del reato, né inficia la continuità delle condotte, quando sussista l’oggettiva e complessiva idoneità delle stesse a generare nella vittima un progressivo accumulo di disagio che degenera in uno stato di prostrazione psicologica in una delle forme descritte dall’art. 612-bis cod. pen.

Cass. Pen., Sez. V, sent. 2 dicembre 2021 n. 44628

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