Legittimo l’abbandono della casa coniugale se i litigi sono continui ed è evidente la la rottura della comunione spirituale, si può abbandonare la casa coniugale.
Lo chiarisce la Cassazione con l’ordinanza 12 febbraio – 12 aprile 2016, n. 7163.
In sé l’abbandono del tetto coniugale può essere considerato fonte di responsabilità per la crisi del matrimonio e causa di addebito nel giudizio di separazione.
Tuttavia, tutte le volte in cui viene provata una situazione di conflitto permanente tra i coniugi, essa è indicativa della definitiva rottura della comunione spirituale ed è pertanto giustificato il coniuge che lasci la casa coniugale. Quindi, l’allontanamento dalla casa non richiede necessariamente una violenza o un pericolo per l’incolumità del coniuge, ma può essere consentito anche quando non c’è più alcuna possibilità di riavvicinamento tra i coniugi perché tra di essi vi è ormai un “conflitto permanente”.
Per non incorrere in una violazione dei doveri coniugali, occorre provare che l’abbandono è dipeso dal comportamento dell’altro coniuge oppure che il suddetto abbandono sia intervenuto quando già la rottura si è verificata come conseguenza di altri fatti. Un valido motivo di allontanamento dalla casa familiare sono, quindi, i continui e stabili litigi; il deposito del ricorso per separazione, l’eccessiva invadenza della suocera.
Per evitare imputazione di responsabilità, è consigliabile che i coniugi congiuntamente sottoscrivano un documento in cui si danno atto della rottura e si autorizzano rispettivamente a lasciare il tetto coniugale. Oppure, anche una comunicazione da parte di chi se ne va, specificando che l’allontanamento è temporaneo e che saranno comunque garantiti i contatti con i figli.