Niente assegno alla moglie separata, giovane, laureata e senza malattie invalidanti che non prova di essersi adeguatamente attivata per ricercare un’occupazione lavorativa adeguata alle sue attitudini.
Lo ha confermato la Cassazione, sesta sezione civile, con l’ordinanza 6886/2018 respingendo il ricorso di una donna a cui era stato revocato l’assegno in base al fatto che il suo stato di disoccupazione non fosse incolpevole e che, dunque, non fosse giustificata l’attribuzione di un assegno in mantenimento a suo favore.
La ricorrente, secondo i giudici, non aveva dimostrato di essersi attivata per reperire un’occupazione lavorativa, tenuto conto della sua giovane età (circa 35 anni) e del titolo di studio di cui era in possesso (laurea), della mancanza di patologie invalidanti e del tempo (circa sei anni) trascorso dalla data del deposito del ricorso per separazione.
Circa l’onere della prova la Corte afferma che seppur sia vero “che nella separazione personale i redditi adeguati cui va rapportato, ai sensi dell’articolo 156 c.c., l’assegno di mantenimento a favore del coniuge sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio è anche vero che la prova della ricorrenza dei presupposti dell’assegno incombe su chi chiede il mantenimento e che tale prova ha ad oggetto anche l’incolpevolezza del coniuge richiedente, quando, come nella specie, sia accertato in fatto che, pur potendo, esso non si sia attivato doverosamente per reperire un’occupazione lavorativa retribuita confacente alle sue attitudini, con l’effetto di non poter porre a carico dell’altro coniuge le conseguenze della mancata conservazione del tenore di vita matrimoniale”.