I conviventi di fatto possono decidere di stipulare un contratto di convivenza con cui regolare i rapporti economici e patrimoniali di coppia.
Il contratto ha la forma di atto pubblico o scrittura privata, da un notaio o da un avvocato. Il contenuto del contratto può essere molto ampio, col limite che si deve trattare di questioni patrimoniali (ad esempio, il luogo di residenza, la reciproca contribuzione, il regime della comunione dei beni, ecc.)
Il professionista incaricato è tenuto inoltre a registrare il contratto all’anagrafe di residenza dei due conviventi entro 10 giorni dalla stipula. Da ciò si deduce che, ove la coppia intenda procedere alla stipula di un contratto di convivenza, la preventiva registrazione all’anagrafe risulta un adempimento necessario e, ove manchi, dovrà necessariamente essere effettuata prima della trasmissione al Comune dell’accordo da parte del professionista.
Anche per modifica o la risoluzione dle contratto occorre l’intervento dell’avvocato o del notaio.
La risoluzione è possibile nei casi indicati dalla stessa legge, ossia: per la morte del partner; per recesso unilaterale o accordo tra le parti; nell’ipotesi di matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente e un terzo.
Se la convivenza cessa, il partner “debole” non ha diritto al mantenimento ma solo agli alimenti se sussistono le condizioni, ossia lo stato di bisogno in cui versi il convivente e l’impossibilità di provvedere al proprio mantenimento.
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