Secondo la Cassazione (Cass. sent. n. 12310/12.) poiché, per l’ «evoluzione del costume sociale», la qualità di coniuge non è più una condizione permanente, ma è modificabile per la volontà anche di uno solo di far cessare l’unione, «la manifestazione di tale volontà può essere in grado di interrompere senza colpa e senza effetti penalmente rilevanti taluni obblighi dei coniugi, tra i quali quello della coabitazione».
Di conseguenza, il reato sussiste quando chi abbandona la casa familiare lo fa NON temporaneamente e al contempo, si sottrae agli obblighi di assistenza morale e materiale nei confronti del coniuge, dei figli o del convivente.
Quindi non c’è reato se l’abbandono della casa coniugale si fonda su una giusta causa (ad esempio la convivenza coniugale è oramai intollerabile) e se non si lasciano i famigliari privi di assistenza morale e materiale.
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