Ridotto l’assegno di mantenimento se l’azienda dell’obbligato chiude. E ciò anche se l’ex marito spenda i propri risparmi godendosi un alto tenore di vita.
Lo ha affermato il tribunale di Roma con la sentenza n. 16879 del 2015 che ha accolto parzialmente il ricorso di un ex marito che aveva chiesto l’eliminazione dell’assegno per la moglie, affermando di non avere più redditi da lavoro avendo cessato l’impresa di famiglia e che era costretto a vivere solo con la pensione e con gli introiti derivanti da qualche sporadica collaborazione.
La moglie chiedeva invece l’aumento dell’assegno rilevando che l’ex marito effettuava cospicue spese per l’affitto di un immobile in Versilia, dove trascorreva spesso il fine settimana, e per ristoranti, alberghi e viaggi. Ciò dimostrava che i redditi dichiarati non erano reali.
Dall’esame della situazione economica familiare emergeva che entrambi erano proprietari di vari immobili alcuni dei quali affittati. La chiusura dell’azienda di famiglia, tuttavia, aveva inciso sulla capacità di reddito dell’uomo che, però, disponendo di risparmi aveva continuato, per scelta personale, a mantenere un alto tenore di vita.
Ne consegue, ha concluso il tribunale, che «se è verosimile che un signore in età avanzata e senza figli abbia desiderio di appagare i capricci del momento, ciò nondimeno la capacità di spesa mostrata è comunque indice di una corrispondente condizione economica che, quand’anche egli fosse un dissipatore di patrimoni, incurante della sua futura vecchiaia», non può sottrarsi alla valutazione del collegio.
Di qui la condanna a corrispondere alla moglie un assegno assai più basso rispetto a quello concordato con la separazione. 