Con la sentenza 17 luglio 2012, n. 12198la Cortedi Cassazione ha confermato il proprio orientamento, .ritenendo in senso affermativo la paternità a carico di un soggetto che si era rifiutato di sottoporsi al test del DNA. Tale contegno, unitamente agli altri elementi di prova emersi nel corso del giudizio, ha determinato l’accertamento della sussistenza del rapporto di filiazione naturale.
Richiamando l’art. 269 cod. civ. secondo il quale non è sufficiente ai fini probatori la sola dichiarazione della madre circa l’esistenza dei rapporti con il presunto padre all’epoca del concepimento,la Corteha avuto modo di ribadire che è proprio la mancanza di elementi oggettivi assolutamente certi e difficilmente acquisibili riguardo alla natura dei rapporti intercorsi (nel caso, si trattava di una relazione clandestina) , unitamente al concepimento, a far sorgere l’esigenza di desumere argomenti di prova dal comportamento processuale delle parti.
In particolare, nel caso di specie, è stato considerato ingiustificato – e quindi fondante la prova della paternità – il rifiuto dell’uomo di sottoporsi al test del DNA, attesa la tipologia non invasiva dell’esame, il cui esito consente non solo di escludere in modo assoluto la paternità, ma anche di confermarla con un grado di probabilità che, alla stregua delle attuali conoscenze scientifiche, supera normalmente il 99 per cento (Cass. 6550 del 1995).