Interdizione o amministrazione di sostegno per il famigliare che non è in grado di prendersi cura di sè e dei propri interessi ?

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Capita di avere un famigliare che non sia più in grado di prendersi cura di sé e del suo patrimonio, a causa di una malattia (insorta per la vecchiaia, ma non solo) o di una disabilità, ad esempio. Cosa fare in questo caso ?

La legge offre diversi strumenti a protezione dei soggetti deboli.

L’opzione preferibile è in ogni caso quella della nomina di un amministratore di sostegno

Qual è la linea di demarcazione tra interdizione e  amministrazione di sostegno?

Lo chiarisce la Corte di Cassazione con la sentenza 2401/2015.

Dopo aver ribadito che, a seguito dell’introduzione dell’amministrazione di sostegno nel nostro ordinamento, l’interdizione ha assunto carattere residuale, gli Ermellini precisano che l’opzione fra le due misure deve basarsi sul criterio della maggiore adeguatezza rispetto alle concrete esigenze emergenti dal caso concreto.

Vengono individuate alcune situazioni che fanno ritenere maggiormente opportuna la misura dell’amministrazione di sostegno:

1)    la patologia psichica sofferta permetta comunque al soggetto il compimento di atti legati alla propria autonomia quotidiana;

2)     occorra una figura di sostegno nella gestione del patrimonio immobiliare;

3)    non sussista di una infermità di mente abituale e la patologia non pregiudichi le facoltà intellettuali e cognitive della persona, fatta eccezione per la necessità di ricorrere, in particolari momenti di crisi, ad un aiuto psicologico;

4)    il soggetto appaia consapevole del proprio disturbo, così dimostrando “contatto con la realtà e senso critico”.

Ricordiamo che, a differenza dell’interdizione, che priva il soggetto della capacità d’agire, l’amministrazione di sostegno mira a conservare in capo al soggetto da proteggere quanta più capacità d’agire possibile. Il Giudice Tutelare, tenendo conto della situazione concreta, calibra infatti i poteri dell’amministratore di sostegno come un “abito su misura” per il beneficiario. Il decreto di nomina dell’ADS individua infatti quali atti il soggetto potrà compiere con l’assistenza dell’amministratore di sostegno e quali invece dovrà porre in essere l’amministratore in sostituzione del beneficiario. Tutto ciò che nel decreto non viene attribuito all’ADS, resta in capo al beneficiario. E in ogni caso, quest’ultimo potrà compiere gli atti necessari a soddisfare le sue esigenze quotidiane.

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