Lo stato di incapacità di testare debba essere valutato con particolare rigore, non essendo sufficiente una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del de cuius, bensì occorrendo la prova che, a cagione di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della redazione dell’atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti o della capacità di autodeterminarsi.
Quanto alla prova dell’incapacità, che può essere data con ogni mezzo, in caso di infermità tipica, permanente ed abituale l’incapacità si presume e la prova che il testamento sia stato redatto in un momento di lucido intervallo grava su chi affermi la validità del testamento; al contrario, nel caso di infermità intermittente o ricorrente, poiché si alternano periodi di capacità a periodi di incapacità, non sussiste la presunzione indicata, e la prova della sussistenza di essa deve essere data da chi impugni il testamento.
Corte d’Appello Milano, Sez. II, sentenza, 6 maggio 2022, n. 1515